Infinita tristezza



di Franco Correggia, Associazione “Terra, Boschi, Gente e Memorie”, Castelnuovo Don Bosco.


Sabato scorso, arrivato a Montafia, sono rimasto totalmente esterrefatto e sbigottito. Letteralmente senza parole. L’antico viale di tigli che dal paese si allungava verso la frazione Zolfo (uno degli elementi iconemici e paesaggistici più pregevoli delle campagne astigiane) era stato violentemente sventrato nel suo tratto più suggestivo. Ventidue dei tigli secolari che da sempre lo scortavano erano stati frettolosamente abbattuti in poche ore. Non riuscivo a credere ai miei occhi ...

Li conoscevo bene quegli alberi antichi e imponenti. Avevo respirato la loro ombra fresca e i loro profumi quando ero bambino e ci passavo accanto in bicicletta. E più tardi, quando ero un ragazzo e sfrecciavo in motorino tra Montafia e Villanova. E anche oggi, che di anni ne ho cinquanta, quando mi ritrovavo a passeggiare e cercare erbe lungo il Triversa. Adesso una parte rilevante di quelle piante maestose e accoglienti non c’è più. Annientata freddamente in un battere di ciglia. Senza un amen.
I vecchi patriarchi arborei del viale di Montafia erano un frammento importante e irripetibile del paesaggio, della cultura, dell’identità e della memoria di questo antico borgo astigiano. Miglioravano sensibilmente la qualità ambientale ed ecologica dell’area, valorizzavano in modo cruciale l’aspetto estetico del paese, abitavano indelebilmente i ricordi, le emozioni e gli affetti della gente del luogo. Tutto questo, in un attimo, è svanito. Oggi quel segmento del viale, che fino a ieri era un angolo armonico dove si addensavano bellezza e reincanti, è diventato un luogo squallido, degradato, impoverito, disordinato. Un posto qualsiasi, banale, privo di anima.

L’abbattimento del filare di tigli (tutte piante tartufigene e nella stragrande maggioranza, a giudicare dai ceppi, in ottime condizioni di salute) è stato effettuato dalla Provincia di Asti. La motivazione addotta è la necessità di garantire la sicurezza stradale. Ora, beninteso, la sicurezza sulle strade è un fatto di prioritaria importanza. La vita delle persone è il valore più alto e fondamentale in assoluto. Su questo non vi è ombra di dubbio. Ma la sicurezza, io credo, si assicura e si incrementa rimuovendo le emergenze che oggettivamente costituiscono un reale pericolo (p. es. alberi malati o pericolanti, o che ostacolano la visibilità in curva, ecc.). Nulla di tutto questo, a mio avviso, era riferibile ai tigli di Montafia. Come non lo era per molte delle numerosissime querce abbattute, per gli stessi motivi, nell’ultimo anno lungo le strade provinciali astigiane. E in ogni caso penso convintamente che ogni esigenza, per legittima che sia (come quella sacrosanta della sicurezza stradale) debba essere integrata in modo equilibrato e attento con altre istanze altrettanto fondamentali (p. es. la tutela del patrimonio naturale, paesaggistico, culturale e memoriale che afferisce ai luoghi).

A questo proposito vorrei rivolgermi ai funzionari della Provincia di Asti che si sono assunti la responsabilità di questo impattante intervento e proporgli alcune considerazioni, al fine di verificare insieme se le mie riflessioni hanno qualche senso o sono del tutto infondate.

1- La speditezza con cui sono stati abbattuti i tigli di Montafia mi fa sorgere qualche dubbio sul fatto che negli uffici della Provincia di Asti sia viva e adeguata la consapevolezza della straordinaria importanza degli alberi e delle vitali funzioni che essi svolgono sul piano bioecologico, sociale e culturale. Mi permetto sommessamente di ricordare che gli alberi, e soprattutto i grandi patriarchi arborei dall’architettura imponente, sono immense strutture fotosintetiche autoorganizzate che convertono la luce solare in energia chimica. Sono sofisticati laboratori biochimici che mettono in ciclo grandi quantità di carbonio organico e liberano ossigeno. Sono giganteschi capolavori di bioingegneria vegetale che svolgono un ruolo fondamentale nella pedogenesi, nella protezione idrogeologica e nel prevenire l’erosione del suolo. Sono sistemi complessi che rappresentano grandi banche di germoplasma, archivi storici e climatici viventi, efficienti regolatori del ciclo dell’acqua, ecofiltri degli inquinanti chimici e formidabili serbatoi di biodiversità. Sono emergenze di valore strategico nel definire la qualità del paesaggio e del registro bioculturale locale. Sono preesistenze centrali nelle costellazioni storico-memoriali e simboliche che formano la cifra identitaria profonda dei luoghi.
In un mondo messo alle corde dall’aumento della CO2 atmosferica e dai mutamenti climatici e in una nazione stremata dal degrado ambientale e dal dissesto idrogeologico gli alberi dovremmo freneticamente piantarli, non abbatterli.

2- Se il proposito della Provincia di Asti di azzerare il rischio di incidenti correlati con la presenza di alberi a bordo strada dovesse essere perseguito fino in fondo con intransigenza e rigidità, gli effetti di tale operazione sarebbero sconcertanti. Una farnia (uno degli alberi più imponenti e diffusi delle nostre campagne) può raggiungere a maturità i 40 metri di altezza. Se volessimo evitare ogni possibilità di interferenza tra alberi e sede stradale dovremmo eliminare ogni specie legnosa arborea lungo una fascia di territorio peristradale di 80 metri di larghezza complessiva. E per essere coerenti, quest’operazione dovremmo estenderla non solo alle strade statali e provinciali, ma anche a quelle comunali (e magari a quelle vicinali e interpoderali). Ciò, da un lato, equivarrebbe a rimuovere una clamorosa percentuale della superficie boscata provinciale, con danni ecologici e microclimatici incalcolabili; dall’altro significherebbe trasformare così profondamente il nostro territorio (immaginate un paesaggio dove non un metro di strada beneficia di un filo d’ombra) che ne ricaveremmo l’ineludibile sensazione di esserci trasferiti su di un altro pianeta.

3- Nell’approccio della Provincia di Asti alle problematiche connesse con la sicurezza stradale ho la sensazione che vi sia un eccessivo e forse un po’ irrazionale accanimento contro gli alberi. A lato delle strade provinciali, accanto alla vegetazione arborea, sono ampiamente distribuiti altri elementi che, in caso di impatto con un auto/motoveicolo, sono potenzialmente tanto pericolosi quanto gli alberi: pali della luce, sostegni di pencolanti linee telefoniche, cartelloni pubblicitari, cippi, costruzioni in muratura, ecc. Perché gli alberi sono un problema e un’impellente emergenza, mentre questo tipo di strutture non smuovono la minima preoccupazione? E cosa dire delle case che si affacciano sulle carreggiate, dei tetti sporgenti, dei piloni votivi sul bordo delle strade? Abbattiamo anche quelli?

4- Ai funzionari provinciali che con tanta solerzia hanno individuato negli alberi lungo i margini stradali un prioritario e inderogabile problema di sicurezza mi permetto di consigliare una breve gita fuori porta appena al di là delle Alpi, nella nostra comune casa europea. Per esempio in Provenza, in Auvergne, nel Périgord, in Bretagna; o nei Grigioni, in Alsazia, in Carinzia, nel Baden-Württemberg e in mille altre contrade d’Europa. Gli sarà facile constatare come in innumerevoli località del nostro continente avranno il privilegio di percorrere strade costeggiate per decine e decine di chilometri su entrambi i lati da fitti filari di alberi che intrecciano le loro frondose chiome chiudendosi a galleria sopra la sede stradale stessa. Sono luoghi di bellezza e suggestione straordinarie, che quando abbiamo occasione di percorrerli ci suscitano immancabilmente un profondo senso di ammirato stupore. Ebbene, io penso sinceramente che francesi, tedeschi, austriaci, svizzeri, scandinavi, ecc. non siano secondi a noi italiani in termini di civiltà e cultura, e non mi risulta che siano meno attenti di noi alla sicurezza stradale o che ogni anno registrino un numero esorbitante di vittime prodotto da incidenti causati dagli alberi.

5- Oggi svariate esperienze che riguardano l’Astigiano stanno faticosamente e meritoriamente muovendo nella direzione della difesa e della valorizzazione del patrimonio paesaggistico, naturale e culturale di questo ambito collinare (si pensi alla candidatura Unesco dei paesaggi vitivinicoli astigiani, alle molteplici Dichiarazioni di Interesse Pubblico per molti contesti paesaggistici ed ecosistemici locali, ai progetti di tutela ambientale e di miglioramento forestale, alla promozione dell’ecoturismo, ecc.). Ho la netta sensazione che la rigorosa applicazione da parte della Provincia di severi protocolli (mai adottati in precedenza) i quali, a fini di sicurezza, impongono un drastico ridimensionamento della vegetazione arborea peristradale si traduca in una pesante amputazione della bellezza dei luoghi e collida frontalmente con i programmi di valorizzazione ambientale e culturale del territorio. Penso dunque con convinzione che i necessari provvedimenti per una viabilità sicura debbano essere attentamente contemperati e calibrati con le altrettanto vitali esigenze di conservazione delle valenze territoriali di pregio. Muoversi lungo questo vettore ideale ha come primi presupposti l’astenersi da interventi indiscriminati e standardizzati sulle alberate stradali che accompagnano a tratti lo sviluppo della rete viaria provinciale, il valutare l’adozione di provvedimenti alternativi agli abbattimenti (applicazione di limiti di velocità, posizionamento di barriere protettive, ecc.) e il procedere con l’eliminazione degli esemplari arborei solo ed esclusivamente quando attendibili e avanzate indagini scientifiche condotte da specialisti qualificati abbiano dimostrato l’oggettivo pericolo o le precarie condizioni fitosanitarie delle piante stesse.

Non so se i tecnici della Provincia di Asti vorranno riservarmi la gentilezza di fornire risposte (concrete e non evasive) a queste mie modeste riflessioni, tuttavia resto in fiduciosa attesa. Quello che invece so con certezza è che un altro frammento della bellezza del territorio astigiano è stato eroso. E che, oggi, transitare per Montafia è diventato infinitamente più triste.

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