In generale un cittadino, quando parla di suolo, lo concepisce come qualcosa di inerte, fastidioso e sporco. Non pensa di essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.
Il suolo respira, mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.
I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere umano ha allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha trovato il modo di nascere e evolversi costantemente, ma nell’arco di millenni ...
Questa differenza deve essere compresa e accettata con rispetto.
Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il suolo? In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per germogliare. Di cosa ha bisogno? Di acqua che scioglie la roccia che forma della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione del suolo. Se interveniamo in questo delicato processo si perde l’albero, si rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.
Lo stesso processo vige su un suolo in pianura. Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose che non solo la roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel lavoro di trasformazione tra microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.
Una branca specializzata della scienza del suolo si é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’ impressionante vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta e suolo). Inoltre la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali), come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi gassosi all’interno di tutta la massa terracea.
Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i contadini con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e forestale. Fin qui tutto é “normale”: regoliamo consapevolmente ritmi biologici ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.
Ma, quando l’essere umano modifica il processo creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica anche i suoi ritmi biologici.
Una strada o una casa agisce non solo sui metri quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante: limita che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante, evita l’accumulo di sostanza organica che con la sua trasformazione dà gli elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare condannandolo all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro ecosistema che permetteva al suolo di vivere crescere produrre.
Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’ cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani sicuramente no.
Tutto il processo é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1 – 2 cm per cento (100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’ facile capire che, in termini di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.
Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.
Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro “pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro ecosistema non é stato alterato. Ma le piante nei vasi hanno bisogno di cure specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per la propria sopravvivenza. E’ come avere dei pesci rossi in un boccale e doverli mantenere in vita.
In altre parole, e continuando il paragone con gli esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori, mani, polmoni … ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo occupato da infrastrutture umane.
In generale un cittadino, quando parla di suolo, lo concepisce come qualcosa di inerte, fastidioso e sporco. Non
pensa di essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.
Il suolo respira, mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.
I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere
umano ha allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha trovato il modo di nascere e
evolversi costantemente, ma nell’arco di millenni ...
Questa differenza deve essere compresa e accettata con rispetto.
Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il
suolo? In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per germogliare. Di cosa ha bisogno? Di
acqua che scioglie la roccia che forma della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di
crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione del suolo. Se interveniamo in questo
delicato processo si perde l’albero, si rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.
Lo stesso processo vige su un suolo in pianura. Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose
che non solo la roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel lavoro di trasformazione tra
microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.
Una branca specializzata della scienza del suolo si é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’
impressionante vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta e suolo). Inoltre
la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali), come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi
gassosi all’interno di tutta la massa terracea.
Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i
contadini con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e forestale. Fin qui tutto é “normale”:
regoliamo consapevolmente ritmi biologici ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.
Ma, quando l’essere umano modifica il processo creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica
anche i suoi ritmi biologici.
Una strada o una casa agisce non solo sui metri quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante:
limita che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante, evita l’accumulo di sostanza
organica che con la sua trasformazione dà gli elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare
condannandolo all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro ecosistema che
permetteva al suolo di vivere crescere produrre.
Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’ cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani
sicuramente no.
Tutto il processo é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1 – 2 cm per cento
(100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’
facile capire che, in termini di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.
Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il
microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.
Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro
“pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro ecosistema non é stato alterato. Ma le
piante nei vasi hanno bisogno di cure specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un
arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per la propria sopravvivenza. E’ come
avere dei pesci rossi in un boccale e doverli mantenere in vita.
In altre parole, e continuando il paragone con gli esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori,
mani, polmoni … ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo occupato da
infrastrutture umane.
pensa di essere di fronte alla “vita” nella sua accezione più completa.
Il suolo respira, mangia, parla, evolve, collabora, cresce e sa come razionalizzare il tempo.
I pedologi, che studiandolo cercano di capirne i meccanismi, sono arrivati alla seguente conclusione: se l’essere
umano ha allungato il suo tempo di vita raddoppiandolo in pochi secoli, il suolo ha trovato il modo di nascere e
evolversi costantemente, ma nell’arco di millenni ...
Questa differenza deve essere compresa e accettata con rispetto.
Prendiamo un esempio dal monte Pollino. Su pareti di roccia quasi verticali vive il Pino Loricato, alberi. Dov’é il
suolo? In effetti negli anfratti delle rocce, il Pino riesce a trovare il modo per germogliare. Di cosa ha bisogno? Di
acqua che scioglie la roccia che forma della “polvere” che nutre le radici piccolissime del Pino, in un processo di
crescita che dura decenni se non secoli. Quella “polvere” é l’embrione del suolo. Se interveniamo in questo
delicato processo si perde l’albero, si rovina l’embrione di suolo e si distrugge completamente l’ecosistema.
Lo stesso processo vige su un suolo in pianura. Suolo sicuramente più spesso, nonché pieno di tante altre cose
che non solo la roccia madre. Una volta depositati i sedimenti neutri, comincia quel lavoro di trasformazione tra
microrganismi, piante, germogli, scambi gassosi che portano le piante a crescere spontaneamente o coltivate.
Una branca specializzata della scienza del suolo si é concentrata sullo studio dell’area attorno alle radici. E’
impressionante vedere come gli scambi osmotici avvengano tra questi due esseri viventi (pianta e suolo). Inoltre
la disposizione dei vacuum (vuoti infinitesimali), come le arteriole per il corpo umano, permette fruttuosi scambi
gassosi all’interno di tutta la massa terracea.
Aggiungiamoci la micro e macro fauna che prospera nel suolo e che contribuisce a farlo “crescere”, e pure i
contadini con la loro capacità di usare il suolo a fini di produzione agricola e forestale. Fin qui tutto é “normale”:
regoliamo consapevolmente ritmi biologici ben noti senza violare l’essere vivente che é il suolo.
Ma, quando l’essere umano modifica il processo creando le sue infrastrutture, di fatto insieme al suolo modifica
anche i suoi ritmi biologici.
Una strada o una casa agisce non solo sui metri quadrati di suolo che occupa, ma su tutta l’area circostante:
limita che l’acqua possa penetrare nel terreno e dissetare micorganismi e piante, evita l’accumulo di sostanza
organica che con la sua trasformazione dà gli elementi nutritivi al suolo, impedisce al suolo di respirare
condannandolo all’asfissia, in poche parole altera tutte le condizioni del micro e macro ecosistema che
permetteva al suolo di vivere crescere produrre.
Una volta tolta la casa o la strada, il suolo puo’ cominciare a ri-vivere? In tempi biblici forse, in tempi umani
sicuramente no.
Tutto il processo é infatti regolato dal tempo: si stima che il suolo si formi alla velocità di 1 – 2 cm per cento
(100) anni, in buone condizioni (temperate) climatiche e con uniforme copertura vegetale (erbe permanenti). E’
facile capire che, in termini di vita umana, la perdita di suolo non é recuperabile in tempi brevi.
Si potrebbe aggiungere “terra” e ripristinare la fertilità agricola? In pratica non si riuscirebbe a ricreare il
microsistema di scambi gassosi e idrici esistenti al momento della alterazione.
Sarebbe come mettere dei “vasi” con il loro microsistema sperando che si adattino. Lo si fa con alberi col loro
“pane” di terra, ma per farli attecchire li si mette in terreni ove il micro ecosistema non é stato alterato. Ma le
piante nei vasi hanno bisogno di cure specifiche. A Porta Garibaldi a Milano hanno creato, negli edifici nuovi, un
arboreto verticale. Ognuna di quelle piante necessiterà di cure intensive per la propria sopravvivenza. E’ come
avere dei pesci rossi in un boccale e doverli mantenere in vita.
In altre parole, e continuando il paragone con gli esseri umani, si riesce con grosse difficoltà ad innestare cuori,
mani, polmoni … ebbene le stesse difficoltà si incontrano nella “ricostruzione” di un suolo occupato da
infrastrutture umane.