di Guido Bonino.
Mentre protocollavo una richiesta di chiarimenti in merito alle opere attualmente in essere al parco Rivo Crosio, chi riceveva la pratica, data una sommaria scorsa al documento esordì: “Ma come mai si è giunti fino a questo punto senza che nessuno obbiettasse!” ...
Devo osservare che non si può certo dire che l’argomento costituisca una novità: sin dal 2009 sono comparse sulle testate locali lettere a firma sia del coordinamento del movimento “Stop al consumo di territorio”, che di alcuni alpini – primo fra tutti il reduce di Russia Albino Porro -, che sulla base di diverse considerazioni esprimevano la propria contrarietà, o comunque perplessità, in merito alla costruzione nel parco Rio Crosio.
Per cronaca, aggiungo che in origine l’edificazione fu presentata come legata alla realizzazione di due condomini al limitar del parco, ma ad iter concluso la parte proponente l’insediamento, motivò come non più concepibile la presenza degli Alpini tra le due costruzioni in progetto, per cui le Penne nere astigiane vennero sostituite all’interno dell’area dai parcheggi delle auto dei futuri condomini.
Naufragarono così le aspettative degli Alpini, mentre l’affitto della vecchia sede di corso Alfieri lievitava a causa dello sfratto per finita locazione. Il tutto nonostante i precedenti presidenti - Dott. Sergio Venturini e Geom. Oscar Gastaudo – (con oculata previsione) avessero provveduto per oltre due decenni ad accantonare somme per la nuova sede, rimasta però nel tempo senza soluzione alcuna.
Grazie ad alcune decisioni e delibere trasversali delle amministrazioni comunali nello stesso periodo succedutesi, i 3.800 alpini astigiani, rifiutate alcune proposte di assegnazione di immobili pubblici da recuperare, ottennero - in quanto pur sempre elettori – di essere localizzati in un angolo del parco tra un paio di condomini già esistenti e con il sacrificio di un quadrato di verde pubblico, oltreché di alcuni alberi ad alto fusto.
Fu in tale contesto nascosto tra le fronde che gli Alpini, impegnandosi a custodire un parco da sempre mantenuto e salvaguardato dai cittadini tutti - peraltro l’unico posto a meno di 500 metri dalla questura – ottennero il permesso di costruire la loro nuova sede.
Va subito segnalato che tanti degli impegni a valere per i prossimi 30 anni, sottoscritti con la Città di Asti, cozzano già da ora con la riduzione annua dell’8-10% degli iscritti dovuta alla mancanza del ricambio generazionale dovuta alla soppressione del servizio di leva.
In base a tale andamento associativo, nel 2021 i circa 1.500 alpini rimasti (dei quali oltre il 50% ultrasettantenni) non potranno più far fronte agli impegni oggi assunti da altri, ma altrettanto – come irreversibile l’andamento demografico - non potranno mai ritornare i 1.780 metri di verde sottratto agli astigiani. Questi, per contro, dovranno accollarsi ulteriori spese per la custodia, manutenzione e gestione di costruzione che andrà ad aggiungersi a quelli già oggi presenti ed inutilizzati nell’area urbana.
Contestualmente al cambio di presidenza della sezione alpini astigiana, per l’intervento del coordinatore nazionale del Movimento “Stop al consumo di territorio” Alessandro Mortarino, emergeva la disponibilità della ex palestra dei bersaglieri – la Muti a San Rocco – che potrebbe rappresentare, con orgoglio e visibilità da parte degli Alpini astigiani tutti, il recupero a nuova vita di un pezzo di storia e d’arma della Città.
Non volendo credere che la presenza del tribunale dia fastidio alcuno agli Alpini, ritengo tale posizione peculiare per la vita e lo sviluppo dell’associazione, sia per la posizione nel centro cittadino, sia per la posizione in merito alla viabilità esterna ed ai trasporti pubblici: su gomma come su rotaia.
Voglio quindi pensare “bipartisan”, ovvero dalla parte sia degli Alpini, che della Città!
Auspico – come cittadino e come Alpino - le future manifestazioni delle Penne nere non soffocate in un angolo di verde sottratto agli astigiani, ma piene di penne nere, di bandiere e di musica, aprirsi nei vari ed ampi piazzali di quel piano di recupero del “Casermone”, che la loro opera e la loro presenza – cappello Alpino in testa - avrà contribuito non solo a completare, ma soprattutto a valorizzare!