L’organizzazione agricola suggerisce misure concrete per sostenere le piccole aziende e chiede la convocazione di un tavolo di crisi con la GDO.
L’Emergenza Coronavirus sta mettendo a dura prova tutto il settore agricolo ma ci sono piccole filiere che in questa situazione rischiano la sopravvivenza. E’ il caso della Robiola di Roccaverano Dop, un’eccellenza del settore caseario conosciuta in tutto il mondo.
Cia-Agricoltori Italiani di Asti e del Piemonte, raccogliendo il grido d’allarme lanciato dal Consorzio di Tutela della Dop, stanno definendo in queste ore una strategia di intervento da portare all’attenzione della Regione Piemonte.
I numeri.
La Robiola di Roccaverano si produce da latte crudo caprino (in purezza o con l’aggiunta di latte vaccino o ovino nella misura massima del 50%) tra Langa e Val Bormida, a cavallo tra le province di Asti e Alessandria. Negli ultimi anni, anche grazie agli sforzi compiuti in termini di comunicazione, la produzione è cresciuta sia in quantità sia in valore: si parla di circa 450 mila pezzi per un valore attorno ai 2 milioni di euro. Ma ora il settore è in ginocchio: “I principali canali commerciali sono negozi specializzati, ristoranti, osterie, mercatini, tutti chiusi per effetto delle misure anti Covid – spiega il presidente del Consorzio di Tutela, Fabrizio Garbarino – il risultato è che l’85% del formaggio rimane invenduto e quasi l’intera produzione di latte munto viene distrutta. La prerogativa stessa della Robiola di Roccaverano Dop è racchiusa nella sua freschezza - aggiunge il presidente - e i piccoli sistemi di stoccaggio utilizzati dalle aziende non sono adeguati alla gravità di questa emergenza”.
Da qui prende le mosse l’iniziativa della Cia. Spiega Alessandro Durando, presidente di Cia Asti e vice presidente di Cia Piemonte: “E’ indispensabile attivare una strategia per scongiurare la distruzione del prodotto e assicurare la continuità stessa delle aziende che sono “presidi” di lavoro sviluppo nei piccoli centri rurali della Langa Astigiana e della Val Bormida, luoghi di “resistenza contadina” che vanno preservati perché rappresentano un bene comune”.
Dal Consorzio di tutela arrivano proposte concrete indirizzate alla Regione Piemonte.
“Il nostro prodotto, con l’intervento della Regione, potrebbe essere distribuito nelle mense delle caserme, degli ospedali, delle case di riposo”, suggerisce Garbarino.
Poi c’è la partita della grande distribuzione: “Pensiamo ad un accordo, supportato dalla Regione, in cui la gdo si impegna ad acquistare partite di prodotto da proporre ai consumatori ad un prezzo “politico. Lo Stato, giustamente, ha previsto aiuti alle famiglie bisognose tramite i buoni per la spesa. Il beneficio sarebbe doppio se nel carrello ci finissero prodotti delle aziende italiane ed in questo caso del nostro Piemonte. In Francia sono molto diffusi gli accordi tra parte agricola e parte industriale, supportati dall’ente pubblico. E’ il momento di avere un po’ di coraggio anche in Italia”.
Cia Piemonte, tramite il presidente Gabriele Carenini, conferma il suo sostegno: “La crisi del settore caseario ovicaprino è oggettivamente molto grave, come lo è per tutte le produzioni rivolte principalmente al canale Horeca. Ci siamo fatti portavoce del problema con l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopata, che si è già dimostrato attento e sensibile alle esigenze del nostro mondo. Nelle prossime ore – conclude Carenini - inoltreremo un documento ufficiale con la proposta di attivare un tavolo di crisi specifico sul settore ovi-caprino, come è già stato fatto per il latte vaccino”.