di Alessandro Mortarino.
C'è voluta meno di un'ora per completare l'ultimo atto di una vicenda iniziata male, progettata peggio, gestita con approssimazione e carica di protervia. E, in realtà, non ancora conclusa poiché gli esposti e le diffide presentate dal circolo astigiano di SEquS dovranno ricevere risposte, anche se è plausibile prevederne il tenore: "è confermato che le piante erano malate e pericolose". Ma il vero problema non è lo stato di salute dei "poveri" sette platani, quanto del modo con cui l'amministrazione ha agito: con una forma di violenza strisciante che si sarebbe potuta - e dovuta - evitare...
Mesi e mesi di silenzio dinanzi alle richieste della cittadinanza non sono un buon modello di relazione comunitaria. Non a caso conclusasi con una decisione concertata solo da due delle parti in causa (amministrazione comunale e proprietà) e con l'annuncio di una perizia tecnica che sentenziava la salute precaria dei platani. Una perizia mai esibita.
Sarebbe stato sufficiente ascoltare per tempo i cittadini, produrre documenti tecnici, riferirsi ai dettami del Regolamento del Verde comunale che, però, l'amministrazione continua a mantenere - privo di approvazioni - chiuso in un cassetto a doppia mandata, nonostante il lavoro sinergico sviluppato anni fa dai suoi stessi tecnici e dai rappresentanti degli Ordini professionali e delle associazioni ambientaliste. Cioè sarebbe stato sufficiente dialogare. Serenamente. Istituzione con cittadinanza.
Si è scelto il monologo, il decisionismo, la scarsa trasparenza.
Un modello di relazione: anche questa una forma di violenza in un tempo in cui la violenza - delle parole e delle azioni - andrebbe combattuta perché, come è solito ricordarci Papa Francesco, "violenza chiama violenza".
Per quanto piccoli, tutti i semi producono frutti. Anche quelli dell'albero della violenza.