Tra 300 e 500 euro al mese: è davvero affitto sociale?

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A cura del Coordinamento Asti Est.

Confcooperative, in un’intervista apparsa recentemente sui media locali, magnifica il ruolo del social housing. Si parla di “business popolare”. Stridente il contrasto tra i due termini. Popolare vuol dire vocazione sociale e primato della persona sul profitto. Business, il contrario. Gli anglosassoni dicono ‘business is business’, per significare che gli affari sono affari e non si può guardare tanto per il sottile...

Ma, sembra dire Confcooperative, è proprio questo il bello! Noi facciamo profitti e, contemporaneamente, diamo una risposta ad un bisogno sociale. Sembra la quadratura del cerchio.
Sul lato profitti per Confcooperative e investitori vari, non ne dubitiamo. Sul lato sociale, parliamone.

E’ in corso un bando per il Servizio Civile Universale: 25 ore settimanali, un part time abbondante. Compenso: 507,30 euro mensili. Se lo prendiamo come parametro di uno stipendio, vuol dire ritenere normale poco più di 1000 euro per un full time. Ah, ma c’è il contenuto formativo! Come no, sono decenni che si pretende dai giovani che lavorino quasi gratis perché nel frattempo vengono formati. Sono decenni che si fa un uso indiscriminato e fraudolento del termine formazione.

Torniamo alle cifre: oggi uno stipendio da 1200 euro viene considerato tutt’altro che disprezzabile, anzi avercene. I sindacati lanciano l’allarme sulla questione salariale, paghe italiane più basse – in relazione al potere d’acquisto – della media europea. Il reddito di cittadinanza ha suscitato le ire imprenditoriali perché faceva concorrenza e a loro dire nessuno voleva più lavorare, rendiamoci conto dell’enormità: se gli spiccioli del reddito di cittadinanza facevano concorrenza agli stipendi, vuole dire che questi ultimi sono miserevoli!
Aggiungiamo che non c’è solo un problema di misura del reddito da lavoro, ma della sua sicurezza. Con la precarietà diventata norma, anche se oggi guadagno decentemente, non so se lo farò fra qualche mese o fra qualche giorno.

Tutto ciò premesso, come si fa a considerare ‘sociale’ un affitto tra i 300 e i 500 euro??? Persino per i ‘ricconi’ (!) a 1200 euro di stipendio, rappresenta una forte quota  di reddito che se ne va per l’abitazione. Considerare adeguate queste risposte, vuol dire non conoscere la realtà italiana di oggi.  O conoscere solo i salotti del centro e non mettere mai piede nelle periferie.

Le Case Popolari sono senza soldi, eliminata la Gescal (una piccola tassa che le finanziava) non si è pensato a niente altro. Lo stato di abbandono e carente manutenzione che abbiamo recentemente denunciato, nasce da qui.
L’Atc avrà tanti torti ma comincia a diventare irritante il tiro incrociato che le stanno riservando tutti gli altri attori pubblici, come se Atc fosse l’unica colpevole. Signori, nel frattempo voi dove eravate? Mentre smantellavano la Gescal? Mentre la politica nazionale decideva che gli italiani dovevano diventare tutti proprietari, anche a costo di strozzarsi con i debiti (un mutuo è un debito)? Dove eravate, quando si è deciso che le Case Popolari dovevano essere riservate solo a chi proprio non poteva permettersi niente di meglio? E quindi che si accontentasse di quel che trovava, per degradato che fosse? Avete creato dei ghetti, avete fatto della povertà una colpa, avete condannato i poveri alla bruttezza e allo squallore, e poi vi lamentate perché buttano l’immondizia per le scale! Com’era scritto nella nostra mostra, il degrado non produce armonia e civiltà. Nei vostri paradisi social housing, queste persone non potranno entrare.

Uno dei metodi più odiosi con cui si è perseguita la ghettizzazione delle Case Popolari, è quello dei criteri di accesso: soglie di reddito sempre più basse. Se gli alloggi disponibili sono pochi, ecco la soluzione: richiedere come requisito un reddito bassissimo, così saranno in meno ad averne diritto. Ancora: riservare la definizione di moroso incolpevole a chi dispone di Isee non superiore a 7.448,37 euro, corrispondente ad Isee mensile di 620,69 euro! Con riferimento all’intero nucleo familiare!!

Con 621 euro, si è considerati non meritevoli di aiuto, non si riceve alcun contributo e, peggio ancora, si è considerati morosi colpevoli, quindi soggetti alle procedura di decadenza e alla perdita dell’alloggio popolare. Eccola, la parola colpevole, usata come un dito puntato addosso ai famigerati furbi che non pagano: i furbi sono questi, quelli con Isee mensile (familiare) pari a 621 euro.  
Ma i finanziamenti per il social housing, ah quelli sì che si trovano, non ci sono problemi. Lasciamo andare per la loro strada le antiquate Case Popolari, sono irredimibili, concentriamoci sul business popolare. Così nel frattempo ci guadagniamo anche.

Specularmente, assistiamo ad un impoverimento crescente dei Servizi Sociali comunali, ad operatori sempre più pressati ed a rischio burn out, in oggettiva difficoltà a far fronte alle difficilissime situazioni che devono affrontare per mancanza di mezzi adeguati. Ma nel paradiso social housing fioccano i servizi perché ci sono le cooperative: per le case, per le biblioteche, per i gli ambulatori, fra un po’ anche per l’aria che si respira! Lo schema è sempre quello: impoverire consapevolmente il pubblico per permettere ai privati di fare affari.

Signori capitalisti, fate pure profitti, va bene, ma almeno non spacciatevi per benefattori. Ditela come davvero è: ennesimi contributi pubblici alla speculazione privata (o privato-sociale). La soluzione social housing potrà essere una risposta, limitata, ad una certa fascia di popolazione che ha bisogno di un limitato aiuto.

Non serve a nulla per la massa di poveri e impoveriti che avete creato.