11 luglio 2017 - Non vogliamo dimenticare Srebrenica

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 a cura delle Donne in Nero contro la guerra di Alba.

A Srebrenica, Bosnia Erzegovina, l’11 luglio 1995, oltre 10.000 maschi tra i 12 e 76 anni vennero catturati, torturati, uccisi e inumati in fosse comuni. Stesso destino ebbero alcune giovani donne abusate dalla soldataglia. Le vittime erano bosniaci musulmani, da oltre tre anni assediati dalle forze ultranazionaliste serbo-bosniache agli ordini di Ratko Mladić e dai paramilitari serbi. Una risoluzione del Parlamento Europeo del 2009 ha proposto di proclamare l’11 luglio “giorno di commemorazione del genocidio di Srebrenica”, considerato “il maggior crimine di guerra perpetrato in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale” ...

{jcomments on}A Srebrenica, 22 anni fa, l’ONU, l’Europa e l’intera umanità sono state sconfitte. Come “donne in nero contro la guerra” ci sentiamo particolarmente vicine alla popolazione di Srebrenica, soprattutto donne e giovani (allora bambini) colpiti dalla violenza e ora sparsi nel mondo; abbiamo personalmente conosciuto diverse donne di Srebrenica rifugiate a Zavidovici e la loro fatica di continuare a vivere.

Abbiamo conosciuto alcune donne tornate a Srebrenica e impegnate nella difficile opera della ricostruzione dei rapporti e della ricerca di giustizia. Conosciamo le “donne in nero” di Belgrado, che dall’inizio della sciagurata guerra nella Ex- Jugoslavia non hanno smesso di contrastare il militarismo e il nazionalismo del loro governo e della loro gente, proclamando sempre “non in nostro nome”, e che perciò sono sovente oggetto di ingiurie ed emarginazione. Insieme a donne delle altre repubbliche ex-jugoslave hanno dato vita ad un Tribunale delle Donne, con l’intento non solo di individuare i colpevoli, ma anche di realizzare un ascolto empatico e solidale con le donne testimoni e vittime che raccontano le loro esperienze; e di individuare le responsabilità collettive, strutturali, degli stati, dei governi e delle istituzioni internazionali.

L’11 luglio desideriamo unirci idealmente a tutte queste donne che, senza dimenticare le responsabilità, cercano di ricostruire la vita, nella giustizia, nella dignità, nella convivenza delle differenze. Non possiamo ricordare Srebrenica e continuare a produrre armi, addestrare alla guerra, pensare che i conflitti si possano risolvere con la violenza.