Comunicazione nonviolenta e telefonino

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di Cinzia Picchioni.

Una volta, quando si partecipava a un’assemblea, quando si andava a una riunione, quando si visitava un amico, si era completamente lì. Se qualcuno ci cercava nel frattempo, lo faceva al numero di telefono fisso di casa (e, non trovandoci, riprovava più tardi, all’ora di cena, esordendo magari con “scusami per l’ora…”) ...

Analogamente, se nel luogo di lavoro partecipavamo a una riunione importante non eravamo raggiungibili, e chi riceveva la telefonata (segretaria, receptionist o che so io) diceva: “È impegnato in una riunione, può riprovare tra mezz’ora o la faccio richiamare?”. Non succedeva niente, non cascava il mondo, e l’attenzione di tutti era concentrata sull’evento a cui partecipavano.

Oggi no. Oggi, mentre siamo riuniti in assemblea capita spessissimo che il telefono squilli, che la persona risponda, disturbando tutti, o – se è gentile – esca per rispondere (disturbando ugualmente). E lo stesso durante una riunione, anche se dura un’ora soltanto: suona il telefono di turno, la persona risponde, si mette a parlare, oppure esce per parlare, ritorna, si è perso un pezzo, gli altri magari si sono fermati perché stavano dicendo qualcosa di importante e volevano evitare di ripetere tutto.

Perché? Non capiamo che questo rende meno efficaci le riunioni, le assemblee, e tutti i momenti in cui stiamo insieme? Faccio l’insegnante di yoga da trent’anni e fin dall’inizio, fin dalla formazione, mi sono sentita ripetere in tutte le lingue (sanscrito compreso, citando i classici) che “la consapevolezza è tutto”. Aggiungo anche che il rispetto ha una buona parte nella riuscita delle comunicazioni (di qualunque tipo siano). Facciamo tanti bei discorsi sulla comunicazione nonviolenta, ci facciamo guidare da “facilitatori”, per aumentare la riuscita di riunioni e assemblee e non riusciamo a fare la prima azione – possibile a tutti – per manifestare interesse e rispetto per quello che sta succedendo: restare totalmente consapevoli e attenti, per tutto il tempo che abbiamo deciso di dedicare alla “tal” cosa.

È violento rispondere al telefono mentre qualcuno parla;

è violento costringere tutti ad ascoltare il suono – di solito spiacevole, troppo alto di volume, acuto o urlato dal cantante di turno (o anche dal musicista classico, che si rivolterà nella tomba) – del nostro apparecchio;

è violento essere distratti, vedere la persona che si alza, esce, poi rientra, oppure che si “toglie” dalla riunione e si mette a rispondere con un sms alla fondamentale chiamata (e chi sarà mai che non può aspettare un’ora?).

Proposta
Potremmo fare che, in tema di comunicazione nonviolenta, quando partecipiamo a un’assemblea, a una riunione, alla presentazione di un libro, spegniamo il telefonino? Spegnerlo e non silenziarlo è fondamentale, perché altrimenti anche il vibracall disturberà, ci distrarrà e forse non saremo capaci di resistere (ma ci rendiamo conto?).

Per non parlare dei rapporti interpersonali – non solo di lavoro – che soffrono anch’essi per questa odiosa abitudine di essere sempre reperibili, qualunque cosa stiamo facendo. A casa mia, se qualcuno è venuto a trovarmi, non rispondo nemmeno al telefono di casa (e se avessi un cellulare di certo non risponderei nemmeno a quello): in quel momento sono lì con quella persona e sono totalmente con quella persona. Tutto il resto può aspettare, c’è la segreteria telefonica (e per i cellulari c’è la registrazione di tutte le chiamate perse no?).

Non mi sembra di star dicendo delle cose assurde, come qualcuno che legge sta sicuramente pensando… Poco tempo fa si usciva di casa e si andava a trovare un’amica e per quel tempo chi ci chiamava a casa non ci trovava, e ritentava. Che cosa c’è di strano in questo? Anche ora potrebbe succedere lo stesso: sono fuori di casa e non sono raggiungibile, perché sono a un’assemblea, o sono al cinema, o sto viaggiando…

È una cosa per me incomprensibile quella che sta succedendo. Vedo continuamente coppie per strada (o nei locali) in cui uno è al telefono, ignorando l’altro che cammina al suo fianco (quando non sono entrambi al telefono! Ma scusa: eravamo usciti per fare una passeggiata insieme no?) E mi sento personalmente non rispettata ogni giorno, ogni volta che succede quello che ho scritto (e succede continuamente ormai, anche alle riunioni e alle assemblee in luoghi come il Centro Studi Sereno Regis, dove si dovrebbe fare attenzione alla comunicazione, alla qualità dei rapporti anche professionali e dove tutti invece partecipano a eventi, assemblee, riunioni mettendo sul tavolo il telefonino, acceso.

Leggiamo tutti
Per fortuna qualcun altro ci ha pensato: sono lieta di segnalare l’iniziativa di un’organizzazione di eventi, di Torino, si chiama Wave srls (http://www.waveviaggievento.it) alla fine dello scorso anno hanno organizzato una vacanza nell’hotel dove lavora mio figlio, che mi ha subito portato il volantino che c’era sui tavoli, insieme a una misteriosa scatola di legno (scoprirete tutto leggendo il volantino, qui allegato). Scorrendolo sono rimasta sbalordita: allora non sono pazza, allora la situazione è davvero preoccupante se un organizzatore di eventi sente l’esigenza di fare una cosa del genere. E perché invece noi non siamo capaci nemmeno di venire in assemblea senza telefonino? Perché, in tema di nonviolenza, non ci rispettiamo spegnendo il telefonino (o lasciandolo a casa)? Perfino una scuola americana di yoga ha ritenuto necessario scrivere, tra le regole per accedere alla sala di pratica: “Spegnete il telefono cellulare (o meglio, lasciatelo in auto o a casa)”.

Possiamo provare, alla prossima assemblea, alla prossima riunione, la prossima volta che andiamo al cinema, o a teatro, o in un museo, a non portare il telefonino (o almeno a silenziarlo, o almeno a non rispondere)? Per rispetto del regista, dell’artista, del collega, del socio, dell’attore, e anche di noi stessi: abbiamo già le agende piene di appuntamenti. Possiamo almeno seguirne uno alla volta, ma per bene, con tutta la nostra attenzione, per tutto il tempo? Una delle regole auree per una buona comunicazione non è l’antico “non interrompere”? Si interrompe anche alzandosi e/o rispondendo al telefono e/o mandando un sms. O no?

P.S. Naturalmente, la prossima volta in cui dobbiamo organizzare un evento chiamiamo Wave srls, per una Wild Experience, vero? Io sì. Bisogna occuparsi del “problema telefonino”, anche per trattare del cyberbullismo. Cominciamo da noi?

Tratto da: http://serenoregis.org/2017/03/24/comunicazione-nonviolenta-e-telefonino-cinzia-picchioni/