Arazzi ad Asti ...

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di Gianfranco Monaca.


Abitualmente poco aggiornato sulle questioni dell'amministrazione locale, ma per quanto possibile attento alle problematiche globalmente “umanistiche” della nostra Città, ho percepito il confluire di entrambe in un appuntamento ormai incombente della sua vita amministrativa, e mi permetto - non interpellato, ovviamente - di esprimere sul tema qualche riflessione, magari a sproposito.  Ho letto che il Consiglio Comunale si trova a dover decidere se Asti debba ospitare permanentemente un patrimonio straordinario prodotto localmente in cinquant'anni di lavoro di artigianato artistico da maestranze astigiane sotto una direzione tecnico-artistica astigiana, oppure abbandonare tutto ciò ad un incerto destino ...

Mi riferisco agli arazzi che Ugo Scassa ha donato alla Città e a quelli che concede in commodato, se soltanto gli astigiani decidono di accettarli e di ospitarli in una degna cornice. Dovremo sentirci dire che gli arazzi di Asti sono degni delle ammiraglie della Marina italiana, del Quirinale, ma non della città d'origine? Avendo avuto la fortuna di vedere i primi passi dell'arazzeria di Valmanera e di assistere, strabiliato, al lentissimo crescere dei suoi manufatti in tutte le fasi di lavorazione, non riesco a capire come sia possibile avere qualche dubbio in proposito. Non è difficile immaginare quanti – tra i nostri vicini - non chiedano di meglio che fare un sol boccone di tutto questo bendiddio, qualora gli astigiani dovessero decidere di lasciar cadere la proposta o anche solo di avere dubbi in proposito. Già abbiamo assistito ad analoghe occasioni perse e comprendiamo quanto l'immagine complessiva della Città non possa che colare a picco ogni volta che si verificano tali eventi.

Sentiamo levarsi – giustamente - alti lamenti quando si parla di “fuga dei cervelli”; sentiamo – giustamente – deplorare che il “made in Italy” venga volgarmente taroccato, con la conseguenza che i prodotti locali sono deprezzati da una incredibile concorrenza sleale. Quelli della mia età hanno ancora nel cervello il rimbombare delle ruspe che nel 1958 in pochi giorni hanno polverizzato per delibera comunale la chiesa dell'Annunziata Grande, prezioso monumento del barocco piemontese affacciato su Piazza Catena, per sostituirla con un anonimo manufatto “moderno”; una quindicina d'anni prima, lo stesso palazzo Catena - il monumento tardo-gotico meglio conservato della città - era stato raso al suolo per far posto a una "Casa Littoria" che fu poi realizzata dove sappiamo...

Se, ancora, per vedere “gli arazzi di Scassa” bisognasse prendere il treno o fare chilometri di autostrada, mentre li avremmo potuti avere “a chilometro zero”, insieme con il laboratorio di produzione e – magari – una scuola di formazione per giovani leve di arazzieri “ad alto liccio”- una professionalità che non si improvvisa su un manuale “on line” - le considerazioni globalmente umanistiche che saremmo autorizzati a fare su noi stessi dovrebbero toccare livelli molto bassi di autolesionismo.
Non mi pare una questione di cultura di élite, ma di semplice buon senso: chiedo scusa, con i più cordiali saluti a tutti i lettori.